di Laura Tussi – 26 maggio 2014
Intervista a Claudia Pinelli
Per Non Dimenticare...
Laura Tussi - PeaceLink intervista Claudia Pinelli, figlia
dell'Anarchico Giuseppe "Pino" Pinelli
- Il ricordo di tuo padre è stato un punto fermo nella vita della famiglia Pinelli. Quali sono le parole più significative e gli ideali più alti che la sua memoria ti ha trasmesso?
Il suo ricordo sicuramente è un punto fermo nella nostra famiglia e
abbiamo dovuto testimoniarlo innumerevoli volte, ma la memoria sua e di quello
che accadde appartiene a tutta la società civile.
Pino era un ottimista che viveva con entusiasmo quel tempo di speranze
di profondi cambiamenti. Aveva dato il suo contributo, giovanissimo, alla lotta
partigiana, come staffetta, maturando dall’esperienza della guerra il rifiuto
per qualsiasi autoritarismo. Aveva letto moltissimo, forgiato il suo pensiero
con i classici del pensiero anarchico,
studiato l’esperanto credendo veramente che una lingua comune avrebbe fatto
cadere le barriere tra i popoli, era impegnato nel movimento anarchico, nel
sindacato di base, nel pacifismo e nella non violenza. Faceva da tramite tra
persone di generazioni e ideologie differenti, sempre aperto al dialogo e al
confronto. E aveva una moglie che amava e due figlie. Poi la strage di piazza
fontana, la sua orrenda morte, la sua immagine che esce deformata dalle
dichiarazioni di quegli stessi responsabili del suo fermo illegale e
dell’interrogatorio che stava subendo quella notte quando precipitò dalla
finestra al quarto piano della questura.
Pino è diventato un simbolo dei diritti negati e dei connotati violenti
che può assumere il potere. Lui era una persona positiva e ha insegnato a noi e
non solo a noi, l’importanza dell’impegno in prima persona.
- Anarchia è responsabilità e ragionamento: non è violenza. Con quali modalità e azioni tuo padre credeva nell'obiezione di coscienza e nel disarmo?
Quella che riporti è una frase dell’ultima lettera che mio padre
scrisse e diventa ancora più significativa pensando che lo fece proprio nel
pomeriggio del 12 dicembre 1969.
Pino aveva studiato l’esperanto, lingua che aveva imparato molto bene e
che avrebbe voluto insegnare. Con questo strumento comunicava con persone di
ogni parte d’Europa, che ospitava anche a casa. Era entrato in contatto con le
idee che infiammavano quegli anni, con la contestazione giovanile, con i
movimenti contro la guerra del Vietnam e con la sua capacità di dialogo divenne
tramite tra generazioni differenti E’ stato tra i primi a organizzare incontri
pubblici dedicati al tema dell’antimilitarismo insieme a obiettori di coscienza
che vennero incarcerati per il loro rifiuto di indossare una divisa. Partecipò
e organizzò marce per la pace, indisse manifestazioni e comizi per l’obiezione
di coscienza, il pacifismo e la non violenza, Sostenne la stampa e la
diffusione dei primi numeri di “Mondo Beat”, giornale che illustrava l’importanza
della non violenza e la necessità del pacifismo
C’è una bellissima testimonianza di Giuseppe Gozzini, il primo
obiettore di coscienza cattolico in Italia, che a poche ore dalla morte di Pino
scrisse una lettera che rese pubblica in cui ricorda mio padre con queste
parole
“Conosceva, e non per sentito dire, movimenti e gruppi che si
ispiravano alla non-violenza e voleva discutere con me sulle possibilità che la
non-violenza diventasse strumento d'azione politica e l'obiezione di coscienza
stile di vita, impegno sociale permanente. Io gli parlavo di società basata
sull'egoismo istituzionalizzato, di disordine costituito, di lotta di classe e
lui mi riportava oltre le formule, alla radice dei problemi, incrollabile nella
sua fede nell'uomo e nella necessità di edificare l'uomo nuovo, lavorando dal
basso. Poi ci vedemmo in molte altre occasioni e i punti fermi della nostra
amicizia divennero don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, due preti scomodi,
che hanno lasciato il segno e non solo nella chiesa….Viveva del suo lavoro,
povero come gli uccelli dell'aria, solido negli affetti, assetato di amicizia,
e gli amici li scuoteva con la sua inesauribile carica umana… Si è sempre
battuto contro l'individualismo delle
coscienze addomesticate: lui, ateo, aiutava i cristiani a credere (e lo possono
testimoniare tanti miei amici cattolici); lui operaio, insegnava agli
intellettuali a pensare, finalmente liberi da schemi asfittici. Non ignorava le
radici sociali dell'ingiustizia, ma non aveva fiducia nei mutamenti radicali,
nelle `rivoluzioni' che lasciano gli uomini come prima. Paziente, candido,
scoperto nel suo quotidiano impegno, era lontano dagli estremismi alla moda,
dalle ideologie che riempiono la testa ma lasciano vuoto il cuore. Stavo bene
con lui, anche per questo."
- In qualità di testimone degli eventi, come ti poni nei confronti del pensiero socialista e libertario del grande Partigiano e Padre Costituente Stéphane Hessel che ha lanciato appelli di pace per la nonviolenza e per il disarmo nucleare totale? Come tuo padre avrebbe attuato e condiviso tali idee?
Il mio essere testimone degli eventi è marginale rispetto al ruolo
avuto da mia mamma Licia, una persona meravigliosa che è diventata roccia per
noi e per lui quando tutto il nostro mondo è andato in frantumi. E di tutte
quelle persone che ci sono rimaste vicine e ancora lo sono, con estremo
coraggio in situazioni anche molto difficili. Da quello che io conservo di mio
papà e da quello che mi hanno raccontato di lui credo si sarebbe avvicinato con
curiosità e interesse alle idee di Stephane Hessel cercando di valutare e di
capire, come faceva per tutte le idee e le cose che lo stimolavano, ma non mi
posso permettere di parlare per lui, di dire come avrebbe attuato o anche se
avrebbe condiviso tali idee. Nessuno di noi è lui.
- Un messaggio alle generazioni presenti e future "Per Non Dimenticare" la memoria degli eventi.
Non bisogna accettare in maniera passiva le verità ufficiali, bisogna
sempre cercare e essere critici, mantenendo viva la capacità di indignarsi. La
memoria deve essere come un filo di luce puntato implacabilmente sul passato
perché mantenendo viva l’attenzione, la ricerca, la comprensione di quello che
è stato questo potrà essere di insegnamento e monito per il presente e potrà
aiutarci a trovare la forza per ribellarsi a chi ci vorrebbe spettatori passivi
invece che cittadini che partecipano e scelgono. Solo così si avranno gli
strumenti per costruire una società più giusta e più umana.