29.12.2012
Un’idea radicale di libertà
di
Andrea Tognina, swissinfo.ch
Gli anarchici sono pochi. Sono guardati spesso con
diffidenza. Coltivano un’utopia che a molti appare irrealizzabile. La loro
storia è segnata da tante sconfitte. Ma oggi molti movimenti sociali si rifanno
a idee e a prassi libertarie.
Con alcuni anni di ritardo,
l’anarchismo sembra risentire gli effetti del 1989. «Negli ultimi 15 anni
l’anarchismo è in ripresa», osserva Gabriel Kuhn, filosofo anarchico di origini
austriache. La caduta dei regimi comunisti ha dato in qualche modo ragione agli
anarchici. Per la sinistra anticapitalista, il pensiero marxista tradizionale
ha perso smalto. «Negli anni novanta molte
persone condividevano le critiche al socialismo autoritario, ma avevano riserve
verso l’anarchismo. Era considerato utopico, romantico e caotico. Hanno però
ripreso molti elementi dell’anarchismo: la democrazia di base, l’organizzazione
orizzontale, lo scetticismo verso le gerarchie e i politici, e anche il
principio dell’azione diretta», dice Kuhn.
Incontro Gabriel Kuhn a
Saint-Imier, nel Giura bernese, al recente incontro internazionale anarchico
organizzato in occasione dei 140 anni dal congresso che ha dato vita
all’Internazionale antiautoritaria.
Qui è iniziata la prima fase
della storia del movimento anarchico, segnata da una presenza significativa di
anarchici nel movimento operaio di alcuni paesi e dalle esperienze
rivoluzionarie della Comune di Parigi, dei soviet ucraini e della rivoluzione
spagnola. Una fase che si può ritenere conclusa alla fine della seconda guerra
mondiale.
Il pensiero anarchico riemergerà nei movimenti degli anni Sessanta, in cui era forte l’ispirazione libertaria. «Nell’ambito della nuova sinistra del 1968, l’anarchismo cambia carattere. Gli aspetti culturali assumono un ruolo più importante. La ribellione contro l’ordine borghese prende il sopravvento sulla tradizione della lotta di classe», nota Gabriel Kuhn. L’anarchismo influenza la nuova sinistra e a sua volta ne è influenzato. Il movimento si apre a nuove prospettive. «La tradizionale centralità delle questioni economiche è guardata con occhio più critico, l’attenzione si sposta anche verso altre forme di dominio: il patriarcato, il razzismo, le discriminazioni per motivi sessuali, la distruzione dell’ambiente naturale».
Dopo il ‘68, l’anarchismo diventa più variegato e riscopre
aspetti del pensiero libertario classico rimasti fino allora piuttosto in
secondo piano: per esempio le riflessioni sulla sessualità di Erich Mühsam,
l’ecologismo ante-litteram di Elisée Reclus o, in Svizzera, le iniziative in
favore del controllo delle nascite di Margarethe Hardegger. «Ci sono dei cicli
generazionali, il ‘68 è un punto importante, poi forse gli anni ottanta, con il
movimento punk, e gli anni novanta, con l’insurrezione zapatista in Messico,
l’inizio dei movimenti altermondialisti e l’avvento di internet», osserva
Marianne Enckell, archivista del Centro internazionale di ricerche
sull’anarchismo (CIRA) di Losanna.
La visione ottocentesca di una grande rigenerazione
rivoluzionaria, pur non scomparendo, tende a essere messa in secondo piano
rispetto ai tentativi di costruire nella quotidianità spazi per quanto
possibile autonomi. «C’è sempre meno la visione del momento del cambiamento e
sempre più il tentativo di immaginare l’applicazione delle idee anarchiche
nella vita quotidiana», riassume Edy Zarro, uno degli animatori della casa
editrice ticinese anarchica La Baronata, a Saint-Imier insieme ad altri
compagni ticinesi. La parola chiave, in questo contesto, sembra essere
autogestione.
L’anarchia quotidiana
Negli ultimi decenni, il movimento libertario ha trovato un
terreno fertile di riflessione e di sperimentazione nelle varie realtà
autogestite sorte in Italia, in Spagna e altrove. E grazie alla sua struttura
orizzontale e flessibile, ha saputo cogliere e assorbire rapidamente gli impulsi
provenienti da altri movimenti sociali. «Il Molino per esempio (un centro
sociale autogestito nato in Ticino nel 1996) è stato fortemente influenzato dal
movimento zapatista in Messico. Compagne e compagni sono andati in Chiapas,
riportandone spunti da cui abbiamo estrapolato teorie e pratiche che servono
tuttora», racconta Paolo Casellini, uno degli attivisti del centro sociale.
«Quello che è interessante per noi anarchici e libertari è
l’adozione di metodi di consenso orizzontale, autogestito, senza delega. Non
occorre andare lontano, fino in Messico, basta vedere quel che accade in Val di
Susa, con il movimento NoTav (movimento che si oppone al collegamento
ferroviario ad alta velocità tra Francia e Italia)», osserva dal canto suo
Michele Bricòla, fra i redattori del periodico anarchico ticinese Voce
libertaria.
Senza dubbio all’interno del movimento anarchico l’apertura
a movimenti affini e la tendenza a sottrarsi al potere piuttosto che
combatterlo frontalmente non fanno l’unanimità. Ma ampi settori dell’anarchismo
sembrano essersi lasciati alle spalle – se mai li hanno fatti propri – i concetti di egemonia elaborati
dalle teorie politiche del Novecento, prediligendo rapporti reticolari con
altri movimenti sociali. «Un tempo proclamavamo le nostre teorie, oggi siamo qui per
imparare», afferma Peter Schrembs, attivo da una quarantina d’anni
nell’anarchismo ticinese.
Pragmatismo radicale
«In ogni caso gli anarchici sono talmente minoritari che se
rifiutano di collaborare con altri non possono fare granché. E poi non sono gli
anarchici che faranno la rivoluzione, ma la gente. Non vogliamo fare le cose al
posto della gente, non siamo un’avanguardia rivoluzionaria», dice Michel Némitz
del centro culturale autogestito Espace Noir di St-Imier, uno degli organizzatori
dell’incontro internazionale. L’anarchismo sembra oggi privilegiare la prassi, l’azione
concreta ispirata da metodologie libertarie. Un approccio che ha radici
storiche nel movimento.
Come scrive David Graeber, «l’anarchismo ha cercato di
essere un discorso etico sulla pratica rivoluzionaria». Un discorso etico
basato sul presupposto che la libertà non può essere conquistata con mezzi
autoritari e che il cambiamento sociale comincia dal
cambiamento delle relazioni quotidiane.
Certo, il movimento anarchico non è privo di ingenuità, di
dogmatismi e talvolta di ambiguità. Ma rimane l’interprete più radicale, e per
questo in qualche modo irrinunciabile, dei principi fondamentali della
Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità.
«Sono davvero libero solo quando tutti gli esseri umani che
mi circondano, uomini e donne, sono ugualmente liberi. La libertà degli altri
uomini, lungi dal negare o limitare la mia libertà, ne è al contrario la
premessa necessaria e la conferma», scrisse Michail Bakunin. Oggi gli
ecologisti anarchici estenderebbero forse questo concetto di libertà anche agli animali, agli alberi e alle montagne.
29 agosto 2012
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