13.12.2012
di Luca Fazio
Silenzio, sabato
si vota. Il centrosinistra in Lombardia, un disastro politico che pare
confezionato in laboratorio, è riuscito a regalarsi anche le primarie meno
chiacchierate e frizzanti della recente storia repubblicana. Strano. I tre
ottimi candidati sono Umberto Ambrosoli (centrosinistra, ma molto moderato),
Alessandra Kustermann (centrosinistra, ma con un verve d’altri tempi) e Andrea
Di Stefano (sinistra sinistra, ma moderna e accattivante), e stanno facendo
quello che possono per attrezzarsi a sfidare Maroni, probabile candidato del
centrodestra. Un buon lavoro, con decine di incontri sparsi in un territorio
troppo vasto e complesso per essere coperto nelle poche settimane avute a
disposizione. Allora, cosa non funziona? Semplicemente se ne parla poco. Altra stranezza. La
«notizia» non buca le televisioni, la stampa mainstream si comporta come se
queste primarie nemmeno esistessero e, soprattutto, non è scoccata quella
scintilla - «l’effetto Pisapia» - che due anni fa aveva entusiasmato anche chi,
da sinistra, si era allontanato dalla politica. Come se la posta in gioco
invece della Regione più importante d’Italia – infatti è la più grossa grana
del centrodestra che cerca di ricomporsi per le elezioni di febbraio – fosse un
fatto di rilevanza locale. Col risultato che sabato non ci sarà la corsa ai
seggi. I più ottimisti parlano di una partecipazione attorno ai 150 mila
votanti (erano 400 mila per Bersani/Renzi). La calma piatta farebbe pensare a una vittoria quasi scontata del candidato
scelto da una parte del Pd, e benedetto l’altro giorno da Pierluigi Bersani.
Tra gli addetti ai lavori - «ma non possiamo dirlo pubblicamente» - gira la
voce che lo «strano silenzio» non è altro che un ordine di scuderia imposto da
Roma, una strategia tipo compagni basso profilo e portiamo a casa questa
battaglia decisiva. E dire che l’avvocato Umberto Ambrosoli, passo felpato e
eloquio tutt’altro che travolgente, in queste settimane ha fatto di tutto per
accreditarsi come distante dai partiti, ma in realtà stanno con lui i
cosiddetti «poteri forti» e la «borghesia illuminata» milanese. Fosse per lui,
avrebbe anche fatto a meno delle primarie. L’unico messaggio che è riuscito a
comunicare con una certa nettezza è una sorta di equidistanza tra sanità
pubblica e sanità privata (stesso discorso per la scuola), concetto rettificato
più volte ma senza mai convincere nessuno, tanto meno la ginecologa Kustermann,
la quale non ha mai perso occasione per attaccarlo.
C’è poi un’altra piccola malignità che circola, sempre sotto voce, in questi
ultimi giorni, e si rifà al noto proverbio che circola negli ambienti che
contano, A Milano non si muove foglia che l’avvocato Isolabella non voglia. E
chi è Lodovico Isolabella? L’avvocato di Salvatore Ligresti, nel cui studio
lavora l’avvocato candidato alle primarie, Umberto Ambrosoli. Niente di
scandaloso o di illegale, per carità, ma vengono in mente gli attacchi che è
stato costretto a subire il candidato Stefano Boeri ai tempi delle elezioni
comunali, solo perché veniva dipinto come l’archistar di Ligresti.
Dietrologie a parte - anche se il potere di Salvatore Ligresti in Lombardia è
ben altro che una leggenda - le voci più critiche rispetto all’ipotesi di una
vittoria di un centrosinistra troppo centrista sostengono che con
l’affermazione di Ambrosoli non verrebbero colpiti i veri centri di potere che
da diciassette anni governano il palazzo che fu di Formigoni. Forse si riferiva
a questo Andrea Di Stefano quando ieri ha detto «Kustermann e Ambrosoli hanno
un timore reverenziale nei confronti della Compagnia delle Opere, non bisogna
avere paura di dire che è un problema, ormai lo ammettono internamente anche a
Cl».
La principale vittima di questo strano silenzio sulle primarie lombarde è la
sinistra, che per un caso più unico che raro si è imbattuta in un candidato
forte e sorprendente come Di Stefano. La sensazione è che se fosse stato
supportato diversamente forse sabato sarebbe potuto accadere qualcosa di ancora
più grande della «presa» di Palazzo Marino (dove gli ex «soldati» arancioni di
Pisapia sono molto arrabbiati per l’endorsement del sindaco per l’avvocato
Ambrosoli): «Meglio se stiamo zitti...». L’altro silenzio imbarazzato, e
imbarazzante, si registra ai «vertici» di Sel, che ieri hanno confermato «la
piena disponibilità a condividere il percorso politico del candidato
Ambrosoli». Peccato che altri - tacendo - sostengono Di Stefano, e che la base
non ha intenzione di rispettare il «suggerimento» del partito di Vendola.
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