9.11.2013
In generale un cittadino, quando parla di suolo,
lo concepisce come qualcosa di inerte, fastidioso e sporco. Non pensa di
essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.
Il suolo respira,
mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.
I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i
meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere umano ha
allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha
trovato il modo di nascere e evolversi costantemente ma nell’arco di millenni.
Questa differenza
deve essere compresa e accettata con rispetto.
Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su
pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il suolo?
In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per
germogliare. Di cosa ha bisogno? Di acqua che scioglie la roccia che forma
della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di
crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione
del suolo. Se interveniamo in questo delicato processo si perde l’albero, si
rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.
Lo stesso processo vige su un suolo in pianura.
Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose che non solo la
roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel
lavoro di trasformazione tra microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi
che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.
Una branca specializzata della scienza del suolo si
é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’ impressionante
vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta
e suolo). Inoltre la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali),
come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi gassosi
all’interno di tutta la massa terracea.
Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera
nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i contadini
con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e
forestale. Fin qui tutto é “normale”: regoliamo consapevolmente ritmi biologici
ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.
Ma, quando l’essere umano modifica il processo
creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica anche i suoi
ritmi biologici.
Una strada o una casa agisce non solo sui metri
quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante: limita
che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante,
evita l’accumulo di sostanza organica che con la sua trasformazione dà gli
elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare condannandolo
all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro
ecosistema che permetteva al suolo di vivere crescere produrre.
Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’
cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani sicuramente no.
Tutto il processo
é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1
– 2 cm per cento (100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con
uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’ facile capire che, in termini
di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.
Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la
fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il
microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.
Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro
microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro
“pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro
ecosistema non é stato alterato. Ma le piante nei vasi hanno bisogno di cure
specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un
arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per
la propria sopravvivenza. E’ come avere dei pesci rossi in un boccale e
doverli mantenere in vita.
In altre parole, e continuando il paragone con gli
esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori, mani, polmoni
… ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo
occupato da infrastrutture umane.
Salviamo
il Paesaggio difendiamo i territori – 31 ottobre 2013
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