27.01.2014
Contraddistinti da
un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, gli omosessuali affollavano i
campi di concentramento sparsi in tutta Europa, subivano umiliazioni e torture,
venivano sottoposti a folli sperimentazioni pseudoscientifiche fino alla morte.
Una pagina del nazismo troppo spesso tralasciata
di Domenico Naso 27 gennaio 2014 – Il Fatto
Quotidiano
Almeno settemila morti e altre decine di migliaia di persone
in galera. Sono i numeri, difficilissimi da stimare, dell“Omocausto”,
quella pagina ancora troppo nascosta dello sterminio nazista nei confronti
degli omosessuali. Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a
righe, i gay affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa,
subivano umiliazioni e torture, venivano sottoposti a folli sperimentazioni
pseudoscientifiche fino alla morte (la mortalità dei prigionieri omosessuali è
stimata al 60%). Una pagina strappata della storia perché il pregiudizio
omofobico, esaltato dal regime nazista fino a punire persino le “fantasie
omoerotiche”, non era certo assente negli altri paesi, neppure in quelli che si
opposero al Terzo Reich durante il secondo conflitto mondiale.
E allora, quando i cancelli di Auschwitz e degli altri lager
vennero abbattuti dai blindati alleati, molti dei superstiti marchiati con il
triangolo rosa preferirono tacere il vero motivo del loro internamento,
diventando vittime senza voce e senza giustizia. L’ossessione nazista per i gay si era palesata già con la “notte dai
lunghi coltelli”, quando Hitler spazzò via le SA (truppe d’assalto, ndr)
e il suo capo, l’omosessuale Ernst Rohm. Per il fuhrer esisteva una vera
e propria “congiura omosessuale che minava la concezione normale di una nazione
sana”. Deliri che non stupiscono nemmeno oggi, purtroppo, visto che ancora in
troppi paesi al mondo l’omosessualità è considerata ancora una devianza, una
malattia, quando non un reato punibile anche con la pena di morte.
Ma il dramma dei gay nei campi di concentramento fu duplice:
da un lato le torture degli aguzzini nazisti, dall’altro l’isolamento operato
dagli altri prigionieri. I gay erano ultimi tra gli ultimi, paria in
quell’universo mostruoso che era il lager. Molti di loro vennero castrati,
alcuni addirittura su propria richiesta, per dimostrare al regime l’intenzione
di “guarire dalla malattia” e sperando così di tornare a casa. Molti altri
vennero usati come cavie per esperimenti clinici, come l’impianto di una
ghiandola artificiale di testosterone che, nelle intenzioni dei macellai del
Reich, avrebbe dovuto sanare la devianza omoaffettiva. Centomila omosessuali
furono coinvolti dalle purghe naziste: 60mila scontarono la pena (dai 5 ai 10
anni) in carcere, dai 10 ai 15mila furono internati nei campi di concentramento.
Numeri importanti di un Olocausto dimenticato.
Lo sterminio dei triangoli rosa, così come quello di ebrei,
rom, disabili e avversari politici, ha rappresentato lo scoperchiamento del
vaso di Pandora, la valvola di sfogo di pensieri inconfessabili che non erano
estranei alla società dell’epoca, in Germania come in Italia, in Inghilterra
come in Francia o in Russia. E Berlino, che fino all’avvento del nazismo era
stata la capitale delle libertà dell’epoca, si trasformò di colpo in base
mondiale del rigurgito omofobico, inferno in terra di uomini e donne che
pagavano con la vita la loro inclinazione sessuale.
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