06.03.2014
eddyburg.it
La guerra sporca agli enti locali
di Marco Bersani 05 Marzo 2014
«L’insieme di draconiane misure
nei confronti degli enti locali ha un unico scopo: metterli con le spalle al
muro dal punto di vista economico per persuaderli/obbligarli ad un gigantesco
percorso di espropriazione e di privatizzazione, consegnandone beni e
patrimonio alle lobby bancarie e finanziarie». Il manifesto, 5 marzo 2014
1. La querelle nata in questi mesi – e divenuta drammatica in questi
giorni- intorno al decreto cosiddetto “Salva Roma”, dimostra come uno dei nodi
cruciali della guerra alla società, dichiarata dalle lobby finanziarie con la
trappola della crisi del debito pubblico, veda da subito al centro gli enti
locali, i loro beni e servizi, il loro ruolo. Infatti, poiché l’enorme massa di
ricchezza privata prodotta dalle speculazioni finanziarie, che ha portato alla
crisi globale di questi anni, ha stringente necessità di trovare nuovi asset
sui quali investire, è intorno ai beni degli enti locali che le mire sono ogni
giorno più che manifeste.
2. Già nel rapporto “Guadagni, concorrenza e crescita”, presentato da
Deutsche Bank nel dicembre 2011 alla Commissione Europea, si scriveva a
proposito del nostro Paese: “(..) I Comuni offrono il maggior potenziale di
privatizzazione. In una relazione presentata alla fine di settembre 2011 dal
Ministero dell’Economia e delle Finanze si stima che le rimanenti imprese a
capitale pubblico abbiano un valore complessivo di 80 miliardi di euro (pari a
circa il 5,2% del PIL). Inoltre, il piano di concessioni potrebbe generare
circa 70 miliardi di entrate. E questa operazione potrebbe rafforzare la
concorrenza. (..) Particolare attenzione deve essere prestata agli edifici
pubblici. La Cassa Depositi e Prestiti dice che il loro valore totale corrente
arriva a 421 miliardi e che una parte corrispondente a 42 miliardi non è
attualmente in uso. Per questa ragione potrebbe probabilmente essere messa in
vendita con relativamente poco sforzo o spesa. Dal momento che il settore
immobiliare appartiene in gran parte ai Comuni, il governo dovrebbe impostare
un processo ben strutturato in anticipo. (..) Quindi, secondo le informazioni
ufficiali, il patrimonio pubblico potrebbe raggiungere in valore complessivo di
571 miliardi, vicino al 37% del PIL. Naturalmente, il potenziale può anche
essere ampliato.”
3. La spoliazione degli enti locali è naturalmente avviata da almeno un
quindicennio e vi hanno concorso diversi fattori. Il primo è stato il Patto di
Stabilità e Crescita interno, ovvero le diverse misure, annualmente stabilite,
per far concorrere gli enti locali agli obiettivi di stabilità finanziaria
decisi dallo Stato in accordo con l’Unione Europea. Quel patto ha visto in una
prima fase una durissima contrazione delle possibilità di assunzione del
personale da parte degli enti locali, riducendone drasticamente la qualità del
servizio e contribuendo in questo modo a costruire una campagna ideologica
sull’inefficienza del “pubblico”; in un secondo momento è finita sotto attacco
la possibilità e la capacità di investimento da parte degli enti locali che,
con l’alibi di non doversi indebitare, sono stati costretti e ridurre al
lumicino le opere da realizzare; infine, nell’attualità, perfino la capacità di
spesa corrente trova draconiane limitazioni, mettendo definitivamente a rischio
il funzionamento stesso degli enti locali. Classificati da ora in avanti in
“virtuosi” e “non virtuosi”, gli enti locali saranno costretti, per entrare
nella prima categoria, ad aumentare le tasse locali e le tariffe, a ridurre
ulteriormente l’occupazione, a dismettere il patrimonio pubblico e a privatizzare
i servizi pubblici locali.
4. Il secondo fattore è dovuto alla spending review, ovvero i drastici
tagli lineari che, anziché riorganizzare la spesa eliminando gli sprechi e le
corruttele, comportano un’automatica riduzione di tutti i servizi erogabili
senza alcuna scala di priorità e senza la benché minima programmazione. Il
terzo fattore è stata l’approvazione del Fiscal Compact, ovvero l’obiettivo
sottoscritto in sede europea di portare entro venti anni al 60% il rapporto
debito/pil che oggi è pari al 133%. Ciò significa annualmente una riduzione
secca di tale rapporto del 3,3%, con un costo di oltre 50 miliardi/anno. Se a
questo si aggiunge l’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione
–di fatto, la costituzionalizzazione della dottrina liberista- il quadro è
decisamente chiaro.
5. La tesi qui sostenuta è che l’attacco agli enti locali sia sistemico
e abbia come ultimo obiettivo la scomparsa della funzione pubblica e sociale
dell’ente locale, come sin qui lo abbiamo conosciuto, trasformandone il ruolo
da erogatore di servizi per la collettività a facilitatore dell’espansione
della sfera di influenza dei capitali finanziari e da garante dell’interesse
collettivo a sentinella del controllo sociale delle comunità. Una
trasformazione autoritaria necessaria per permettere, attraverso la drastica
riduzione della democrazia di prossimità, la totale spoliazione dei beni comuni
delle comunità locali. Per queste ragioni, l’ente locale è destinato a
diventare uno dei luoghi fondamentali dello scontro sociale nei prossimi mesi.
6. L’insieme di draconiane misure nei confronti degli enti locali ha un
unico scopo: metterli con le spalle al muro dal punto di vista economico per
persuaderli/obbligarli ad un gigantesco percorso di espropriazione e di
privatizzazione, consegnandone beni e patrimonio alle lobby bancarie e
finanziarie Un processo che avviene attraverso diversi ma convergenti percorsi.
Cosa posseggono infatti gli enti locali? Territorio, patrimonio e servizi, ed è
su questi che si sta giocando, e sempre più lo si farà nel prossimo periodo, la
guerra contro la società.
7. Il territorio è da tempo strumento di valorizzazione finanziaria, in
due diverse modalità di scala. La prima attraverso la continua cementificazione
del suolo, favorita da una norma, da anni reiterata in Parlamento, che consente
di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente dei Comuni : in
pratica, anche solo per garantire l’ordinario funzionamento dell’ente locale,
gli amministratori sono invogliati a consegnare porzioni di territorio alla
speculazione immobiliare, arrivando al paradosso che, mentre fino a qualche
anno fa erano i costruttori a fare la questua negli uffici comunali per
ottenere cambi di destinazione d’uso di terreni, oggi sono i sindaci a inseguire
i costruttori per poter firmare convenzioni che consentano di mettere in cassa
i relativi oneri. La seconda è quella dei grandi eventi e delle grandi opere:
che siano basi militari (Muos di Catania, Dal Molin di Vicenza), che siano
mega-progetti infrastrutturali (Tav, Ponte sullo stretto, 35 nuovi progetti
autostradali) o “eventi” (Giubileo di Roma, Expo di Milano), l’unico obiettivo
è la consegna del territorio alla valorizzazione finanziaria e alla
speculazione immobiliare.
8. Il patrimonio pubblico in mano agli enti locali ha, come abbiamo
visto, dimensioni enormi (421 miliardi). La sua svendita, cominciata da tempo,
è oggi considerata da Governo e Sindaci un vero e proprio piano strategico e,
attraverso l’alibi della crisi del debito pubblico, sono ormai in adozione in
tutti i Comuni piani di dismissione all’unico scopo di fare cassa. Anche i
servizi pubblici locali sono da molto tempo sotto attacco e a rischio
privatizzazione. Su questo terreno, come anche Deutsche Bank nel suo rapporto
citato all’inizio ha dovuto riconoscere, la straordinaria vittoria referendaria
del movimento per l’acqua nel giugno 2011 ha complicato molto i piani, senza
tuttavia far desistere le grandi lobby finanziarie.
9. Cassa Depositi e Prestiti, ovvero l’ente (ora SpA, con all’interno
le fondazioni bancarie) che raccoglie il risparmio postale (240 miliardi) di
quasi 24 milioni di persone, è il vero e proprio braccio operativo di questo
processo. Cassa Depositi e Prestiti interviene infatti sulla valorizzazione
finanziaria del territorio, finanziando direttamente, o attraverso F2i (Fondo
per le infrastrutture, partecipato al 16% da Cdp), molte delle grandi opere, in
particolare autostradali, in corso o in progetto nel nostro Paese; così come,
attraverso FIV(Fondo Investimenti per le Valorizzazioni) di CDPI sgr si propone
agli enti locali come partner ideale per la valorizzazione degli immobili da
immettere sul mercato, fissandone un prezzo ed impegnandosi ad acquisirli,
qualora dopo bando l’ente locale non riesca a venderli (FIV comparto Plus) o
acquisendoli direttamente (FIV comparto Extra); altrettanto determinante è il
ruolo assunto da Cdp nei processi di privatizzazione dei servizi pubblici
locali, essendo da tempo impegnata attraverso F2i (Fondo per le infrastrutture)
da una parte e FSI (Fondo strategico Italiano, interamente controllato da Cdp),
in operazioni di ingresso nel capitale sociale delle aziende di gestione del
servizio idrico e dei servizi pubblici locali per favorirne fusioni societarie
e il rilancio in Borsa.
10. Se il luogo dello scontro sociale del prossimo periodo sarà dunque
l’ente locale, il nodo intorno al quale si dipanerà sarà quello del ruolo di
Cassa Depositi e Prestiti. Se sotto attacco è la stessa funzione sociale degli
enti locali come luoghi di prossimità degli abitanti di un territorio,
altrettanto sotto scacco è l’utilizzo della ricchezza sociale prodotta nel
Paese, in particolare quella del risparmio postale dei cittadini, che invece di
essere utilizzata per gli investimenti volti al soddisfacimento dei bisogni
sociali e ambientali delle comunità locali, viene interamente indirizzata come
leva per l’espansione dei mercati finanziari e finalizzata all’espropriazione
dei beni comuni. Si comprende meglio, a questo punto, anche il senso profondo
della progressiva riduzione degli spazi di democrazia, che vede
nell’accentramento istituzionale da una parte e in una furbesca campagna contro
la “casta” e relativa riduzione della rappresentanza dall’altra, il progressivo
distanziamento dei luoghi della decisionalità collettiva dalla vita concreta
delle persone. L’obiettivo è chiaro: se ciò che è in atto è un mastodontico
processo di spoliazione delle comunità locali, diviene necessario rendere loro
sempre più ardua qualsiasi forma di organizzazione e di protesta, trasformando
in rassegnata solitudine quella che potrebbe altrimenti divenire lotta per la
riappropriazione sociale.
11. Oggi sindaci e amministratori sono posti di fronte ad un bivio
senza zone d’ombra: devono decidere se essere gli esecutori ultimi di un
processo di privatizzazione che dalla Troika discende verso i governi e scivola
giù fino agli enti locali o se riconoscersi come i primi rappresentanti degli
abitanti di un determinato territorio e porsi in diretto contrasto con quei
processi. Ma, indipendentemente dalla consapevolezza dei propri sindaci e
amministratori, le donne e gli uomini di ogni comunità locale di questo Paese
devono sapere che la lotta collettiva e generalizzata contro la trappola del
debito, per una nuova finanza pubblica e sociale, per la riappropriazione
sociale dei beni comuni, è interamente nelle loro mani. E che da essa dipende
il destino della democrazia reale.
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